Il progetto Includi

Il progetto IncluDI vede come partner Anffas Lombardia del progetto Interreg Italia-Svizzera e come capofila il comune di Gallarate e come partner per l’Italia l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale della Valle Olona, mentre per la Svizzera i partner sono Atgabbes, associazione ticinese di genitori ed amici dei bambini bisognosi di educazione speciale, Pro Infirmis Ticino e Moesano e il Cantone Ticino, Dipartimento Educazione e Sport, Ufficio della Pedagogia Speciale e Ufficio delle Scuole Comunali.

Il progetto, raccogliendo l’invito della convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ha l’obiettivo di contribuire e sostenere l’effettiva inclusione sociale e scolastica dei ragazzi e delle persone con disabilità e con Disturbi Specifici di Apprendimento per il miglioramento della loro qualità di vita attraverso delle azioni mirate:

  1. Cultura e prospettiva inclusiva nel sociale, nella scuola e nei servizi.
  2. Inclusione lavorativa.
  3. Scambio di buone pratiche fondate sulla cultura inclusiva.
  4. Contrasto al rischio di discriminazione e marginalità che colpisce le fasce di popolazione particolarmente vulnerabili e le loro famiglie

Con l’approvazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (New York – 13 dicembre 2006), ratificata nel 2009 dall’Italia e nel 2014 dalla Svizzera, il movimento delle persone con disabilità, ha visto affermarsi gli sforzi e le lotte per il riconoscimento dei diritti di uguaglianza, rispetto della dignità, non discriminazione, pari opportunità, coinvolgimento nelle scelte. Grazie alla Convenzione, viene finalmente riconosciuta ed esplicitata la necessità di superare il modello medico come punto di riferimento per definire la disabilità, a favore di un modello più complesso, dove la disabilità viene considerata non come una malattia ma come risultante del rapporto sociale tra le caratteristiche delle persone e l’ambiente in cui esse vivono. Ciò implica una riflessione sugli aspetti di natura sociale e culturale insiti nella convenzione ONU: la qualità della vita e le modalità per valutarne il miglioramento, le formule organizzative idonee a promuovere inclusione, i metodi per promuovere  e concretamente praticare il coinvolgimento della persona con disabilità anche se in situazioni complesse, il ruolo che le istituzioni che si occupano di disabilità possono rivestire per rendere concreta e attuabile la prospettiva inclusiva all’interno dei servizi e dei territori che li ospitano. Raccogliere la sfida inclusiva contenuta nella Convenzione ONU, significa per i servizi che si occupano di disabilità e per il mondo della scuola in tutti i suoi livelli, ricercare il modo per aprire una riflessione sul pensiero e le culture implicite sulla disabilità presenti tra insegnanti e operatori al loro interno, per avviare una rivisitazione e, se necessario, una revisione del modo di agire in tema di inclusione sociale. 

L’art. 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, fotografa e sancisce bene il significato e le implicazioni di questo passaggio, rimettendo in discussione in particolare il ruolo e la funzione dei servizi alla persona. Infatti vengono tracciati gli elementi di fondo a cui essi possono far riferimento per una loro riorganizzazione in chiave inclusiva:

– tutte le persone con disabilità devono vivere partecipando alla vita della comunità e non in situazioni di emarginazione e segregazione e devono essere protagoniste delle scelte di vita che le riguardano con particolare riferimento a dove vivono ed a con chi vivono;

– tutte le persone con disabilità devono poter contare su servizi che le aiutino in tal senso, a partecipare e a scegliere. I servizi servono quindi per aiutare le persone a sentirsi parte della comunità ed a partecipare attivamente alla vita della comunità;

– una scuola o un servizio, sono inclusivi nella misura in cui riescono ad aiutare la persona a diventare e sentirsi un cittadino;

– i servizi e le scuole, per la generalità dei cittadini devono essere accessibili e adattati progressivamente ai bisogni delle persone con disabilità.

Tale prospettiva interpella quindi tutte le organizzazioni in cui sono presenti persone con disabilità, dalle istituzioni scolastiche ai servizi dedicati, in quanto riconosce la necessità di promuovere e proteggere i diritti umani, le libertà fondamentali di tutte le persone che presentino durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive e sensoriali, incluse quelle che richiedono un maggiore sostegno. È una sfida sicuramente non facile da assumere in quanto piena d’incognite, di rischi, ma anche di grande portata e di grande interesse per le persone con disabilità e per i loro familiari, per gli insegnanti e gli operatori, per gli stessi servizi, per le scuole, per le istituzioni e per le organizzazioni.

Diventa necessario perciò interrogarsi su quali coerenze o incoerenze si ritrovano nel passaggio tra il dire (le finalità dichiarate) ed il fare (le prassi generate nei servizi e nelle scuole) e quali siano gli effetti e l’immagine che vengono rimandate ai territori di appartenenza. Occorre capire se e quanto scuole e servizi effettivamente producano l’inclusione sociale auspicata dalla convenzione ONU. Parliamo di qualità della vita, delle formule organizzative idonee a promuovere inclusione, delle modalità per valutare il miglioramento della qualità della vita, dei metodi per promuovere e concretamente praticare il coinvolgimento della persona con disabilità anche se in situazioni complesse. Significa anche domandarsi quale significato venga attribuito al concetto di inclusione sociale dalle istituzioni e dalle persone che vi operano e come questo concetto venga tradotto nelle pratiche quotidiane. 

Ma quando si parla di inclusione sociale, di cosa parliamo? È importante innanzitutto partire dai concetti, per chiarirne significati, contenuti e conseguenze: la Convenzione pone l’accento sulla necessità del rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana. In questa dimensione la Convenzione assume il concetto di inclusione in parallelo a quello di partecipazione, intesa come coinvolgimento delle persone con disabilità in contesti sociali aperti e non segreganti. Se è stata stipulata una convenzione, è perché esiste un diritto violabile e violato che occorre difendere, anche costruendo un linguaggio comune e condiviso fra nazioni. Il diritto indica la direzione obbligata e la Convenzione Onu fornisce gli strumenti per prestare attenzione ai dettagli e non perdere la strada. Negli ultimi decenni, chi ha operato nei servizi per la disabilità ha avuto come principale punto di riferimento concetti quali normalizzazione e integrazione (scolastica, sociale, lavorativa), concetti che, pur se con evidenti differenze nelle metodologie interpretative, mettono l’accento sulla necessità di operare per eliminare le differenze ed avvicinare e assimilare il più possibile la persona con disabilità ad una condizione di normalità. La logica dell’assimilazione considera le differenze (disabilità) un elemento negativo, da neutralizzare, rimuovere, pena il mancato inserimento o integrazione nella società. Nel processo assimilativo, il diverso è chi deve cambiare e deve lasciarsi assorbire nella cultura ospitante adattandosi ad essa. Pur con sfumature diverse, la logica dell’integrazione implica una riduzione delle alterità ad un unico progetto, alla cui partecipazione e elaborazione esse rimangono estranee. Inclusione, invece, significa riconoscimento, cittadinanza per le differenze, diritti e partecipazione. Non si può nascondere, che l’introduzione sempre più diffusa del concetto dell’inclusione abbia portato una certa confusione. Addirittura succede che i concetti di inclusione e integrazione siano spesso sovrapposti, usati come sinonimi. Ma così non è. 

Anzi, lo scarto concettuale insito nella prospettiva inclusiva, rispetto a quello dell’integrazione, ha un portato filosofico molto più potente: l’inclusione ci parla di un diritto esistente, a prescindere dalla capacità e dalle condizioni individuali. Il diritto delle persone a esserci, a poter scegliere, ad avere opportunità, ad appartenere alla comunità in cui vivono e ad esercitare la propria appartenenza, non è un valore aggiunto, ma un diritto da esercitare. Per poter comprendere le potenzialità che la prospettiva inclusiva può assumere per chi lavora nella scuola o nei servizi o nel sociale per la disabilità, occorre considerare l’assunto che il concetto di inclusione sociale non riguarda solo la dimensione della disabilità, ma ha valenza universale ed è riferibile a qualunque persona, mettendone in rilievo il suo carattere di cittadino nel mondo, portatore di diritti e doveri. In questo risiede il potere di diffusione della prospettiva inclusiva, e da qui insegnanti, dirigenti scolastici, operatori sociali, coordinatori e responsabili dei servizi per la disabilità possono avviare la progettazione dei diversi interventi. 

Avviare un cambio di rotta verso una prospettiva inclusiva, non è cosa semplice e scontata. Occorre affrontare diversi ostacoli, interni ed esterni ai servizi e al mondo della scuola. 

Non vi sono ricette generalizzabili per superarli, ma un buon punto di partenza per poterlo fare è la volontà a ricercarli, identificarli e riconoscerli come tali.

Un primo spunto che può rassicurare, è la considerazione che la prospettiva inclusiva è un principio regolativo, una direzione verso cui andare, un processo più che un obiettivo programmatico. Non si tratta infatti di operare per mettere la parola fatto! ad un percorso, ma di muoversi in avanti, a piccoli passi, costantemente, consolidando e condividendo successi e difficoltà, allargando la rete e promuovendo spazi di relazione in cui persone con disabilità, famigliari e servizi stessi possano sperimentarsi e agire in ruoli diversi e contesti nuovi. Siamo di fronte a un importante cambio di paradigma che richiede investimenti sul fronte culturale e formativo, per consentire ai diversi attori implicati di acquisire quei valori e quelle conoscenze che, travalicando l’aspetto tecnico, in grado di riconoscere la complessità della prospettiva inclusiva ed occupare il proprio ruolo in un processo più ampio e complesso.

Azione 1 – L’autovalutazione della qualità inclusiva della scuola e della didattica.

L’approccio dei Disability Studies, è un ambito di studio di ricerca interdisciplinare che si è sviluppato negli ultimi venti anni principalmente in Inghilterra e negli Stati Uniti e che è presente da diversi anni anche in Italia nel lavoro del gruppo GRIDS. Tale prospettiva critica decostruisce la concezione di disabilità nel suo legame col deficit, con la norma standardizzata e, di conseguenza, con l’epistemologia medico-individuale che la determina. Ciò non si limita alla disabilità, ma coinvolge soprattutto il significato delle «differenze», spostando l’attenzione da un deficit caratterizzante la persona o il concetto di differenza al possibile ruolo «disabilitante» del sociale, dei suoi contesti e delle relazioni che in essi si attivano: da qui l’analisi delle barriere ad un progetto di vita proiettato verso l’emancipazione dal deficit e dall’esclusione. 

A livello internazionale esistono diverse interpretazioni del concetto di educazione inclusiva. Ainscow (2008), ad esempio, sostiene che esistano essenzialmente due forme, una sistemica e una riduttiva. Inoltre, in una prospettiva più ampia, si possono individuare i seguenti approcci: il riferimento ai diritti rivolto all’educazione come nel caso dell’Education for all dell’UNESCO e della Convenzione ONU del 2006 nell’ambito dei diritti più generali per le persone con disabilità. 

In una prospettiva inclusiva, è d’obbligo interrogarsi se sia possibile parlare di inclusione solo di fronte agli alunni con disabilità e altri bisogni educativi speciali quando ci troviamo di fronte alla difficoltà della scuola e degli insegnanti a frenare la dispersione scolastica e a dare una risposta a tutti gli alunni, compresi a coloro che vengono definiti impropriamente “eccellenze”? Da qui, l’inclusione richiede una progettualità non per settori, ma per tutti gli alunni e le loro differenze, il superamento dell’omoge­neizzazione formativa, ripensando l’organizzazione, i tempi e le metodologie per incontrare ed interagire con le diverse modalità di porsi nelle relazioni, di pensare, di interpretare di tutti gli alunni.

Seguendo la prospettiva dei Disability studies Italy e con i riferimenti ai Disability Studies ed ai Critical disability Studies si potrebbe proporre una sintesi delle caratteristiche rilevanti dell’inclusione: l’inclusione si rivolge a tutte le differenze senza che queste siano definite da categorie e da criteri deficitari e assumerle come modalità personali ed originali di porsi nelle relazioni,  nell’apprendimento e nelle relazioni; superare l’egemonia del modello bio-medico individuale, la centralità del deficit, la delega allo specialismo e le categorizzazioni; superare i termini Disabilità e Bisogni Educativi Speciali; problematizzare la libertà di insegnamento e la responsabilità, sottolineando che esse non si esercitano nell’autonomia individuale dell’insegnante, ma nel suo includersi, nell’accettazione delle differenze e nella ricerca di interazioni, metodologie e prassi in grado di incontrarle; co-costruire contesti in grado di rispondere alle differenze di tutti, eliminando le barriere sociali, culturali, economiche, educative e didattiche; richiedere il cambiamento del contesto e non l’adattamento degli alunni ad un contesto già dato; superare la cultura del prevedibile e superare la caratteristica burocratica del Piano Didattico Personalizzato per orientarlo nella prospettiva di progetto;richiedere un investimento degli insegnanti nella costruzione di un clima di classe positivo che permetta agli alunni di rischiare nell’apprendimento; richiedere un’autovalutazione dell’organizzazione, del clima di classe, delle pratiche educative e didattiche per indagare il contesto come possibile causa di disabilitazione e di dissimulazione di esclusioni.

Il percorso di formazione-azione si colloca in questa prospettiva che ha come obiettivo  l’autovalutazione e le azioni conseguenti per rilevare, leggere, comprendere in quale misura i processi educativi, organizzativi e didattici possono essere definiti inclusivi e quali scelte assumere per rimuovere gli ostacoli alla partecipazione e all’apprendimento di tutti gli alunni e studenti. In questo sfondo, l’autovalutazione dei docenti relativa alla didattica e alle sue caratteristiche inclusive assume un ruolo fondamentale in quanto il clima inclusivo di una scuola non può essere disgiunto dai presupposti che fondano la didattica e dalle pratiche che la caratterizzano.

Le riflessioni nate nell’ultimo decennio sulle caratteristiche dei sistemi scolastici e sugli effetti da generati in termini di qualità, hanno orientato l’attenzione sui processi inclusivi e sulla necessità di un’autovalutazione da parte delle scuole e dei loro insegnanti. 

La Circolare Ministeriale del 6 marzo 2013 ad esempio fa un esplicito riferimento alla valutazione della qualità inclusiva della scuola in relazione ai “risultati” educativi. 

In questa direzione e come esito atteso, deve essere definito il Piano Annuale per l’inclusione (PAI), la cui costruzione richiede la partecipazione in concorso di tutti gli insegnanti, con il supporto del gruppo di lavoro per l’inclusione, nel quale trovano la presenza anche i genitori. 

In questa prospettiva, l’autovalutazione dei docenti relativa alla didattica e alle sue caratteristiche inclusive assume un ruolo fondamentale in quanto il clima inclusivo di una scuola non può essere disgiunto dai presupposti che fondano la didattica e dalle pratiche che la caratterizzano. L’autovalutazione e le azioni conseguenti richiedono perciò alla scuola e agli insegnanti, conoscenze, competenze teoriche e metodologiche che permettano di rilevare, leggere, comprendere in quale misura i processi educativi, organizzativi e didattici possono essere definiti inclusivi e quali scelte assumere per rimuovere gli ostacoli alla partecipazione e all’apprendimento di tutti gli alunni e studenti. 

Obiettivi

Il percorso proposto è articolato fra fasi distinte ma connesse da permettere una costante interazione tra teoria, metodologia, sperimentazione in aula e valutazione degli esiti, con un monitoraggio a distanza da parte del formatore.

L’obiettivo generale, è quello di offrire strumenti, competenze teoriche e metodologiche per sostenere, all’interno del mondo della scuola, i processi educativi, organizzativi e didattici in chiave inclusiva e innovativa, rimuovendo gli ostacoli alla partecipazione, inclusione e all’apprendimento di tutti gli alunni e studenti. 

Il percorso formativo si propone perciò di offrire un contributo teorico ed operativo già sperimentato dal docente formatore in diversi contesti scolastici italiani, nell’ambito della autovalutazione della capacità inclusiva della scuola e della didattica. 

Il modello teorico di riferimento, è quello della prospettiva inclusiva elaborata nell’ultimo decennio a livello internazionale e italiano dalla rete di ricercatori che fanno riferimento ai Disability Studies, ai Disability Studies Italy e ai Disability Studies Education, di cui è membro il formatore, Roberto Medeghini. 

Metodologia

Il modello metodologico, in coerenza con quello teorico, propone: 

– l’utilizzo degli strumenti del SADI e  dell’INDEX per l’analisi della didattica e della qualità inclusiva nella scuola; 

– processi di autovalutazione e metodologie caratterizzati dalla partecipazione dei diversi attori presenti nella scuola; 

– percorsi per la definizione di aree ed indicatori in grado di orientare riflessioni sulla didattica e sulla capacità inclusiva della scuola e scelte d’area finalizzate all’azione di cambiamento e di sviluppo inclusivo; 

– strumenti di sintesi e di analisi dei dati emersi dall’autovalutazione; 

– la ricognizione delle metodologie, degli strumenti e dei materiali disponibili 

Organizzazione del percorso formativo

– incontri di progettazione 

– incontri di co-costruzione dei materiali con il gruppo di insegnanti

– editing dei materiali prodotti

– formazione in itinere e tutoraggio on-line: il percorso prevede l’attivazione di una piattaforma on-line, monitorata e coordinata dal formatore con le seguenti funzioni:

  • consulenza on-line agli insegnanti per il monitoraggio delle attività in aula
  • materiali di approfondimento (articoli ed esperienze )
  • condivisione di materiali e analisi prodotte dai partecipanti
  • supporto all’autovalutazione
  • confronti on-line su temi specifici
  • lavori collettivi di approfondimento

Azione 2 – L’analisi dell’utilizzo e della funzionalità dello strumento ACISD orientato all’ autovalutazione della capacità inclusiva dei servizi per la disabilità.

La prospettiva dell’inclusione sociale, mette i servizi per la disabilità di fronte ad un bivio: continuare lungo i consueti binari del modello medico o accettare la sfida e rimettersi in gioco, avviando un processo in cui servizi e operatori pongono in discussione il proprio ruolo, le idee e i modelli di approccio alla disabilità, le prassi utilizzate, per rinnovarli in chiave inclusiva. In questo senso, il ruolo di chi gestisce i servizi per la disabilità va rivisto in un’ottica ecologica delle relazioni e dei contesti, per comprenderne potenzialità e limiti nei processi di influenzamento degli attuali equilibri che regolano la vita sociale. Volendo semplificare, se è vero che i Servizi producono conoscenze pedagogiche – ancor prima di prestazioni sociali, sociosanitarie e sanitarie – occorre accettare il fatto che il loro agire deve essere permeabile e flessibile per contribuire a promuovere processi di cambiamento, e non per mantenere condizioni di disagio, emarginazione, magari allietate da un po’ di attività ricreative o da miglioramenti funzionali, importanti in sé e per sé, ma di scarso valore se non collocati in contesti inclusivi. Ciò richiede investimenti sul fronte culturale, per consentire agli operatori di acquisire quei valori e conoscenze che, travalicando l’aspetto tecnico, consenta loro di acquisire una professionalità che sappia non solo fornire prestazioni, ma sia in grado di riconoscere la complessità della prospettiva inclusiva ed occupare il proprio ruolo in un processo più ampio e complesso. 

Il frutto di queste riflessioni ha portato nel 2010 Anffas Lombardia a considerare l’opportunità di supportare i servizi a marchio Anffas presenti in Lombardia ad avviare un percorso di analisi sul rapporto tra gestione dei servizi e inclusione sociale, con il fine di ricercare idee e ipotesi idonee a rendere sempre più inclusivo il sistema dei servizi alla persona e tal fine è stata avviata una ricerca-azione, di cui sono stato coordinatore scientifico, conclusasi nella primavera del 2013. 

La ricerca-azione, sostenuta dalla Fondazione dopo di Noi, da Anffas Lombardia e da Regione Lombardia, è stata condotta con il supporto scientifico del Dipartimento di Scienze umane e sociali  dell’Università di Bergamo, coinvolgendo 14 enti gestori e 54 servizi con in carico circa 1200 persone con disabilità e un migliaio di figure professionali. Il risultato di questo lavoro è stata la pubblicazione Disabilità e inclusione sociale: linee guida per l’autovalutazione della capacità inclusiva dei servizi per la disabilità (ed. Erickson), uno strumento teorico, metodologico e progettuale che consente ai servizi di attivare al proprio interno pratiche progettuali ed educative nella prospettiva inclusiva, orientate ai temi dell’autodeterminazione, della partecipazione e della cittadinanza. 

L’azione proposta, intende sperimentare e monitorare l’utilizzo dello strumento di autovalutazione della capacità inclusiva dei servizi per la disabilità ACISD  ed eventuali altri strumenti conosciuti e utilizzati nella rete dei servizi, con l’obiettivo di evidenziarne i punti di tenuta, le criticità, le esigenze di aggiornamento  e valutare le ricadute delle progettazioni all’interno dei servizi, nei territori, sulle persone con disabilità e delle loro famiglie, in termini di inclusione sociale, partecipazione e qualità di vita. La proposta prevede l’avvio di una ricerca-azione, che coinvolgerà diverse realtà e attori della rete dei servizi presenti in ANFFAS Lombardia e in Canton Ticino (a titolo d’esempio: partecipanti a precedenti formazioni sulla prospettiva inclusiva, utilizzatori dello strumento ACISD o di altri strumenti di autovalutazione) attraverso la costituzione di un gruppo pilota di monitoraggio rappresentativo dei diversi attori e realtà dei servizi.

Obiettivi 

La ricerca-azione si propone di raggiungere i seguenti obiettivi:

–  analizzare e monitorare la sperimentazione e utilizzo e la funzionalità dello strumento ACISD o di altri strumenti di autovalutazione della capacità inclusiva dei servizi

– evidenziare elementi di criticità nell’utilizzo degli strumenti di autovalutazione e ricercare elementi correttivi per garantirne una maggiore fruibilità e funzionalità all’interno dei servizi

– promuovere la conoscenza e utilizzo di strumenti metodologici, valutativi e progettuali utili a sostenere la riorganizzazione dei servizi stessi in chiave inclusiva 

–  produrre una maggiore ricaduta inclusiva sul versante culturale, dell’organizzazione, della progettazione e delle azioni educative dei servizi e del territorio potenziandone la qualità

– aggiornare lo strumento ACISD con la riformulazione delle Linee guida per l’autovalutazione della capacità inclusiva dei servizi per la disabilità per renderlo ulteriormente fruibile ed efficace nell’organizzazione, progettazione e azione in prospettiva inclusiva dei servizi e del sociale.

Metodologia

La metodologia si basa sulla ricerca-azione, condotta attraverso una metodologia partecipata con il coinvolgimento di servizi, operatori, persone con disabilità e famiglie. 

Sarà costituito un gruppo pilota di monitoraggio rappresentativo della rete dei servizi presenti in ANFFAS Lombardia e del Canton Ticino utilizzatori dello strumento ACISD o di altri strumenti di autovalutazione o che hanno partecipato a formazioni sulla prospettiva inclusiva. 

Il gruppo avrà la funzione di raccogliere e confrontare le esperienze maturate all’interno dei servizi attraverso un percorso per fasi così ipotizzato:

  1. Costituzione del gruppo di monitoraggio con la presenza degli esperti che hanno seguito la ricerca-azione e la costruzione dello strumenti ACISD. 
  2. Attivazione di focus-group per l’analisi delle ricadute sull’utilizzo dello strumento ACISD e la ricognizione dei punti di forza e delle criticità.
  3. Coinvolgimento con strumenti da identificare (focus-group, questionari, interviste) di altri attori (operatori,  famiglie, persone con disabilità) . 
  4. Analisi, sintesi e interpretazione dei dati.
  5. Report, revisione dello strumento  e riformulazione delle nuove Linee Guida.
  6. Stesura della pubblicazione Linee guida per l’autovalutazione della capacità inclusiva dei servizi per la disabilità.