Disability Legal Studies: dove si incontrano gli studi giuridici ed i Disability Studies
Arlen S.Kanter
Traduzione di Angelo D. Marra
in Roberto Medeghini (2015), (a cura di), Norma e Normalità nei Disability Studies. Riflessioni e analisi critica per ripensare la disabilità, Trento, Erickson, pp.112-135
Adesso è ben recepito che i Disability Studies sono emersi come un nuovo ed stimolante campo di indagine accademica. Molte istituzioni accademiche oggi offrono corsi e programmi in questa materia, e la maggior parte delle organizzazioni professionali ed accademiche dispongono di sezioni dedicate allo studio della disabilità nelle rispettive discipline. Tra gli ambiti di indagine più recenti si segnala che si è iniziato ad esplorare la relazione tra i Disability Studies ed il diritto.
Perché quanti tra noi insegnano e studiano diritto dovrebbero occuparsi di includere approfondimenti legati alla disabilità o, ancor meglio, una prospettiva dei Disability Studies all’interno dell’esperienza di ricerca e del curriculum di studi ordinario di una facoltà di legge? Perché dovremmo voler considerare la possibilità di introdurre una prospettiva dei Disability Studies all’interno di un corso sulle prove in tribunale, la proprietà, il diritto di famiglia, o addirittura il diritto tributario? Cosa può insegnare il campo emergente dei Disability Studies a noi e agli studenti di scienze giuridiche? Come l’inclusione di una prospettiva legata ai Disability Studies all’interno dell’esperienza giuridica nel mondo accademico aiuterà i nostri studenti a diventare migliori operatori del diritto e, cosa forse ancora più importante, come li aiuterà a promuovere l’equità e la giustizia nella società?
La mia risposta a queste domande è relativamente chiara. I Disability Studies infondono negli studi giuridici la prospettiva di coloro che sono ordinariamente resi invisibili e marginalizzati, così come gli studi giuridici femministi hanno fatto in precedenza per le donne (Abrams 1997; Dowd and Jacobs 2003; Frug 1992; Karst 1984; Levit and Verchik 2006; Silvers 1998) e la Critical Race Theory (Ball 1990; D. Bell 1980b, 1995; Brewer 2005; Crenshaw et al. 1996; Delgado 1995; Delgado and Stefancic 1993, 2001) ha fatto per le persone di colore.
I Disability Studies aiutano a vedere la disabilità come parte dell’esperienza umana ed a comprendere come la legge e la società in generale vedano la differenza come una deviazione da una “norma implicita” (Minow 1990, 51). Quando la questione riguarda la razza, per esempio, i bianchi sono trattati ma mai riconosciuti apertamente come la ‘norma’, mentre i neri sono considerati la ‘deviazione’. Quando la questione è la disabilità, le persone con corpi normalmente funzionanti, che vedono, sentono, che sono mentalmente in salute e con un certo punteggio QI vengono trattate – ma mai apertamente riconosciute – come la norma, mentre le persone che comunicano attraverso il linguaggio dei segni, utilizzano una sedia rotelle, o parlano, pensano, sentono in modo differente sono considerate la deviazione. I Disability Studies ci aiutano a comprendere le implicazioni, incluse quelle di natura giuridica, della preferenza accordata alle persone [normalmente] abili.
I Disability Studies perciò offrono al diritto ed agli studi giuridici l’opportunità di esaminare criticamente il ruolo della “normalità” in modo specifico all’interno del diritto e nella società in generale. Ciò costituisce una sfida ad esaminare i nostri assunti impliciti ed impone di riconoscere, apprezzare, e, ancor più importante, dare valore alle differenze tra di noi. Poiché il diritto stesso si occupa di come riconoscere, legittimare, e definire le differenze (diversi diritti, responsabilità, e risorse), i Disability Legal Studies offrono una lente appropriata attraverso cui il possiamo osservare l’esperienza giuridica ed il significato della differenza all’interno dell’ordinamento e della società. Reciprocamente, il campo del diritto potrebbe informare quello dei Disability Studies fornendo il contesto in cui esaminare il significato delle differenze nei nostri sistemi giuridici ed extra giuridici. Ciò potrebbe anche aiutarci a vedere le questioni di potere, privilegio e partecipazione in società in modo più chiaro.
Per poter discutere che cosa il diritto può imparare dai Disability Studies, dobbiamo prima definire cosa sia “il diritto”. Secondo la tradizione, le leggi sono scritte dal legislatore, interpretate dai giudici, e messe in atto dai governi. In quanto tale, “il diritto” è l’insieme delle leggi imposte da un’autorità; un documento legale che indica le regole per un particolare tipo di attività; una regola (o corpo di regole) di condotta inerenti la natura umana ed essenziali per una società o per costruire legami all’interno di essa; una generalizzazione che descrive fatti ricorrenti o eventi naturali. Il diritto ricomprende anche la giurisprudenza, la branca della filosofia che si occupa dei principi che guidano i tribunali nell’assunzione delle decisioni nonché la professione che si padroneggia con gli studi giuridici e che è responsabile per l’ordinamento giuridico.
Sebbene il ruolo del diritto sia stato considerato in modo differente nel tempo, per molta parte della storia il diritto è stato considerato come autorità definitiva in ogni data società. Per esempio il filosofo greco Aristotele scriveva nel 350 a. C. che “è più opportuno che sia il diritto a governare anziché ciascuno dei cittadini” (1987, 3.16). Le società predispongono delle leggi per mantenere l’ordine e per proteggere le persone e la proprietà dalle offese. Le leggi servono inoltre a mediare le relazioni tra le persone. Ma, soprattutto, nella misura in cui la legge è generalmente percepita come un sistema di regole che danno forma alla politica, al potere e alla società, essa diviene il mezzo con cui si garantisce la permanenza dello status quoe delle relazioni di potere esistenti. Invero, le leggi sono progettate per preservare lo Stato di diritto. Ma lo fanno davvero? E per conto di chi e a beneficio di chi? Queste sono alcune domande sollevate da studiosi di Critical Legal Theorye Law and Society(Altman 1993, 11; Bauman 2002; Brown 2003; Finnis 1985; Halley 2001; Kairys 1998; Kelman 1987; Duncan Kennedy 1997, 2004; Kennedy and Fisher 2006; Unger 1983; Ward 2004). Questi sono pure interrogativi posti oggi dagli studiosi di Disability Legal Studies.
La legge governa un’ampia varietà di attività sociali e interazioni umane. Ma “legge” può significare cose differenti a seconda del contesto. Il nostro ordinamento elabora diritti e responsabilità in tanti modi diversi che sollevano questioni importanti e complesse su uguaglianza, equità, libertà, giustizia e relazioni di potere.
Il diritto dei contratti regola tutto, dall’assunzione di un nuovo impiegato all’affitto di un appartamento. Il diritto di proprietà definisce diritti ed obblighi relativi al trasferimento della tua macchina o della tua casa, o [persino] in relazione all’utero di una donna, la responsabilità civile appresta rimedi per le persone che sono state lese o che hanno subito una lesione del proprio diritto di proprietà. Se l’offesa subita è prevista nel codice penale, la legge penale indica i mezzi attraverso i quali lo Stato può perseguire l’autore. Il diritto costituzionale fornisce un quadro della creazione di leggi, la distribuzione dei poteri e i settori del governo all’interno della società, la protezione dei diritti civili, e le elezioni delle rappresentanze politiche; il diritto amministrativo è il parametro di valutazione per gli atti amministrativi delle agenzie governative; il diritto internazionale regola i rapporti tra le nazioni sovrane in attività che vanno dal commercio all’ambiente fino ad arrivare a convenzioni internazionali come la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD).
Il diritto è anche una professione ed una disciplina accademica. Lo studio accademico del diritto, sia in quanto scienza (giurisprudenza) sia come corso di studio individuale degli studenti i quali si preparano a diventare operatori pratici di diritto, viene insegnato negli Stati Uniti nelle scuole di specializzazione post-laurea. In altri paesi gli studenti ottengono la loro prima laurea in giurisprudenza oppure come corso annuale dopo avere studiato come materia principale un’altra disciplina. Negli Stati Uniti ed in molti altri paesi nel mondo a tutt’oggi lo studio delle discipline giuridiche si concentra sulla dottrina del diritto come professione. Lo studio giuridico cerca di equipaggiare coloro che saranno presto operatori del diritto con la conoscenza e l’abilità pertinenti al diritto, i procedimenti legali, nell’ordinamento giuridico come pure il rispetto dei principi fondamentali, le teorie, ed i valori su cui queste cose sono fondate. Cerca di rafforzare non solo la conoscenza e le abilità, ma anche i valori che gli studenti devono utilizzare in modo efficiente in una società pluralistica, democratica fondata sul primato del diritto. Sebbene gli studi giuridici negli Stati Uniti si siano evoluti dal secolo passato, la loro struttura ed il loro formato è rimasto simile ai tempi di Christopher Columbus Langdel ai tempi la fondazione della prima scuola nazionale di diritto nel tardo 19º secolo (Sheppard 1999).
Lungo i decenni, molti studiosi hanno cominciato a esplorare la relazione tra il diritto e la società e a porre domande critiche circa il ruolo del diritto nella società. Qual è la funzione propria del diritto? Quale tipo di atti dovrebbero essere soggetti a punizione e che tipo di punizioni dovrebbero essere permesse? Cos’è la giustizia? Quali diritti abbiamo “noi”? A chi deve riferirsi questo noi e chi conferisce determinati diritti agli altri? Chi fa le leggi, e chi definisce chi infrange le leggi? Nella misura in cui la legge governa le relazioni tra le persone e tra lo Stato e gli individui, come la legge facilita ovvero impedisce l’accesso al potere, alla giustizia, all’equità e alla responsabilità?
Invero le questioni legali legate alla differenza e al potere sono state studiate per almeno tre decadi all’interno dell’accademia giuridica. A partire dagli anni 60 fino agli anni 90, il diritto e la società in generale come pure il movimento dei Critical Legal Studies, i Critical Race Studies, le teorie femministe, i Queer Legal Studies e il postmodernismo hanno messo in discussione il mondo accademico affinché questo osservasse come si assumono le decisioni e a favore di chi.
Recenti studiosi del diritto e della società si affidano alle scienze sociali “per fornire opinioni circa i modi in cui le norme legali prevalenti tendono a legittimare la gerarchia sociale e le manifestazioni complesse di pretese legali e le tattiche da gruppi che mirano a mettere in discussione queste gerarchie e ingiustizie (McCann 2006, 18). Invero, i sociologi (legali) hanno contribuito alla ricerca su questi temi quanto vi ha contribuito l’effetto delle ricadute giudiziarie, delle azioni giudiziarie promosse da gruppi di interesse, delle cause e delle politiche dei diritti – per indicarne alcune – che sono molto importanti per comprendere le relazioni tra il diritto e i movimenti sociali.
I Critical Legal Studies, fondandosi sulle critiche realiste al diritto, hanno messo in luce le relazioni tra il diritto ed il potere, affermando che il diritto non è neutrale o a-valoriale, ma invece è un partecipante attivo nelle dinamiche di potere. I Critical Legal Theorists in accordo con questa visione hanno caratterizzato il diritto come un insieme di regole utilizzato dai potenti per opprimere chi non ha potere, e si sono concentrati con le loro indagini su questioni relative all’accesso al potere (D. Bell 1987; HaneyLopez 1996; Matsuda 1991; Williams 1991). Per costoro, il diritto è politica.
Teorici orientati al femminismo hanno costruito le loro critiche al diritto ponendo domande del tipo: come il diritto esclude le donne? Com’è possibile riformulare il diritto per incorporare le esperienze delle donne? Come può la teoria legale femminista (ri)configurare le leggi esistenti? E con riguardo alla disabilità, una prospettiva femminista potrebbe domandarsi, come è possibile riformulare la ricerca giuridica in base alla prospettiva femminista attuale sulla famiglia, il lavoro, la presa in carico, la riproduzione e la sessualità per incorporare le esperienze le prospettive delle donne con disabilità? (Vedi ad esempio Abrams 1997; Frug 1992, Silvers 1998).
Di contro il ruolo della disabilità nel diritto è stato meno studiato (Kanter 2011, 443; Mor 2006, 77–78). Tuttavia i Disability Studies hanno un enorme potenziale all’interno della Accademia giuridica perché gli studiosi adesso cominciano a domandarsi cose del tipo: quali teorie legali informano la trasformazione e ri-concettualizzazione sia della legge che della disabilità? I Disability Studies forniscono nuove lenti attraverso cui osservare il ruolo del diritto nella società e porre alcune questioni: come le definizioni legali della disabilità regolano, escludono, e/o proteggono le popolazioni marginalizzate essendo basate sulla loro differenza fisica o mentale, di genere, di status economico, di razza od origine etnica, e di orientamento sessuale? Quali sono i rispettivi ruoli di diritti umani, eguaglianza formale, e legislazione antidiscriminatoria nei vari approcci alla disabilità? Cosa possono dare le persone con disabilità per (ri)configurare le leggi esistenti? [2]Infondendo una prospettiva legata ai Disability Studies nel diritto, noi potremo gettar luce sulle lezioni complesse che abbiamo appreso a proposito della nostra cultura, della società, di diritti di minoranza, potere, autorità, e il ruolo del diritto per cambiare la società così come lo studio della relazione tra la legge e le questioni di razza, origine etnica, genere, e identità sessuale hanno informato il nostro modo di comprendere la società e il potere.
Perché insegnare diritto da una prospettiva legata ai Disability Studies?
Solo recentemente gli studiosi di diritto hanno iniziato ad esplorare la interazione tra il diritto e i Disability Studies. Questo nuovo campo, che io definisco “Disability Legal Studies“, si riferisce ad uno studio che cerca di applicare una prospettiva dei Disability Studies al diritto (Mor 2006). Come ha scritto Sagit Mor, “sebbene la critica dei Disability Studies non sia del tutto nuova per alcuni studiosi, non è stato ancora raggiunto un riconoscimento adeguato di questa critica all’interno del discorso legale. Io sostengo che sia giunto il tempo di identificare, introdurre e definire il campo come DLS (Disability Legal Studies), portarlo alla luce, attenersi alle sue premesse, e incorporarne gli insegnamenti nelle teorie e nella pratica del diritto Inoltre suggerisco che intraprendere i DLS porterebbe ad un cambiamento nella produzione teorica sulla disabilità e nel diritto attraverso un passaggio dal focus sull’analisi dottrinale o sulla richiesta di politiche determinate, a una ricerca riguardante il ruolo costitutivo del diritto nella produzione della disabilità” (2006,64).
Gli studiosi di diritto, gli studenti, gli avvocati sono in genere portati a considerare la disabilità come questione giuridica. Attraverso il movimento per i diritti delle persone con disabilità e la promulgazione di svariate leggi che sanciscono i diritti delle persone con disabilità – in particolare lo Americans with Disabilities Act (ADA) e lo Individual with disabilities in Education Actdel 1990 (IDEA) come anche le regole riguardanti “l’educazione speciale”, la legislazione anti-discriminazione e quella relative all’accessibilità – i giuristi, il Congresso e i Tribunali, si sono abituati alla disabilità come questione giuridica. Ma il nuovo campo di ricerca dei DLS guarda oltre le visioni tradizionali delle leggi anti-discriminatorie tese a promuovere l’eguaglianza intesa nel senso lockiano e millsiano del termine, secondo cui ogni persona ha il diritto di esser trattata come qualunque altra. Invece, cerca di mettere in discussione il modo in cui la disabilità è costruita dalla legge nel nostro ambiente sociale dal punto di vista locale, nazionale e globale. I DLS adottano il Modello Sociale della Disabilità che vede la stessa come costrutto sociale che prende forma dai sistemi sociali di dominio. Per esempio, uno studio della disabilità nel diritto, particolarmente in un contesto globale, fornisce a quanti insegnano diritto ed ai loro studenti l’opportunità di discutere come colmare questa distanza tra diritti civili e diritti umani così come tra uguaglianza formale e sostanziale.
Tuttavia, la questione rimane: cosa ha a che fare una prospettiva legata ai Disability Studies con ciò che gli insegnanti fanno nelle loro classi? Come una prospettiva legata ai Disability Studies potrebbe aiutare gli studenti o i giuristi a comprendere i contratti, gli illeciti, le prove o le regole tributarie, solo per citare alcuni ambiti del diritto? Ovvero, detto in altro modo, perché mai una facoltà di giurisprudenza dovrebbe scegliere di incorporare i Disability Studies nel curriculum generale degli studi giuridici?
Potremmo iniziare a rispondere a questa domanda riconoscendo che poiché il diritto riflette le norme della società, i suoi valori, i disvalori, esso diviene un arbitro delle relazioni di potere. Dunque, la legge stessa può diventare parte del problema se crea barriere sociali e classificazioni basate sulle competenze e sulle abilità. Essa può essere implicata “nel subordinare od opprimere le persone con disabilità, attraverso regole espresse, nell’applicazione di valori escludenti nel processo di delibera delle sentenze, o semplicemente omettendo di fare qualcosa per assicurare alle persone con disabilità che queste abbiano accesso alla giustizia” (Jones and Basser Marks 2000a, 3). Ma “la legge può anche essere vista come ciò che offre un percorso per raggiungere l’uguaglianza – come parte della soluzione ed anche del problema (Jones and Basser Marks 2000a ). Detto in modo diverso, l’ordinamento può essere la sorgente del cambiamento sociale attraverso la promulgazione di leggi progressiste da parte del legislatore e l’implementazione e l’interpretazione inclusiva delle leggi esistenti da parte di avvocati e tribunali. In altre parole, il diritto fornisce il quadro di riferimento con cui verificare la penetrazione dei valori dei Disability Studies all’interno della società. I Disability Studies, allora, possono fornire gli strumenti per esplorare questi aspetti “rigenerativi” del diritto. Un esempio positivo della capacità del diritto di rigenerarsi secondo questi valori è costituito dalla recente adozione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità da parte delle Nazioni Unite (CRPD). La CRPD crea, per la prima volta, obblighi “affermativi” di riconoscere ed assicurare l’uguaglianza delle persone con disabilità in tutti gli aspetti della società. Sebbene l’implementazione degli obblighi specifici della Convenzione vari da paese a paese, financo all’interno dello stesso paese, il ruolo della Convenzione nel cambiare, almeno potenzialmente il punto di vista sulle persone con disabilità attraverso un riconoscimento mondiale della loro causa non può essere ignorato (Kanter 2007).
All’interno del diritto, un cambiamento è già iniziato: si passa dall’analisi tradizionale di tipo dottrinale che adottava il punto di vista per cui la discriminazione sulla base della disabilità è proibita ad una comprensione più complessa delle persone con disabilità come gruppo di minoranza e una crescente attenzione alla disabilità come costrutto sociale (Crossley 2004; Diller 2000; Drimmer 1993; Kanter2007; Mor 2006). Più continueremo a esaminare il diritto attraverso le lenti dei Disability Studies, maggiormente il focus sarà concentrato su come l’esclusione delle persone disabili nel diritto appare in prima battuta e come possa verificarsi l’inclusione. Come Colin Barnes ,Goef Mercer e Tom Shakespeare hanno scritto:
Mentre la voce delle persone disabili e delle loro organizzazioni si sente più spesso e più direttamente rispetto al passato, lo sforzo per ottenere migliori condizioni socioeconomiche, per una migliore qualità della vita, e per i diritti di cittadinanza generalmente continua. Recenti dibattiti politici intorno ai welfare benefits, ed ai servizi per l’aborto e l’eutanasia, hanno fatto aumentare i sospetti delle persone disabili. In generale, vi è una retorica politica che è cambiata molto per rispondere alle istanze delle persone disabili, si è compreso come meglio considerare le evidenze scientifiche di ricerca, e si registra una crescita nelle proposte legislative, ma i miglioramenti promessi mancano di materializzarsi (2005,227).
Dal punto divista politico, comunque, pur con questo cambio di rotta nel discorso retorico, molte persone con disabilità negli Stati Uniti non credono che le cose siano per loro migliorate negli ultimi 20 anni (Bagestos 2009,117-19). Perché è così, specialmente in un paese che si è votato all’uguaglianza di diritti e le opportunità per tutti? Quali sono le cause alla radice di questo problema? E, più importante, che cosa possiamo fare per cambiare questa situazione? Domande di questo tipo sono (o dovrebbero essere) centrali per lo studio del diritto. Fanno sorgere questioni importanti a proposito dei concetti di giustizia, potere, uguaglianza e libertà. Invero, la relazione tra i cittadini e la società è essenziale per gli studi giuridici, sebbene differenti scuole giuridiche diano priorità a materie o abilità differenti.
Nella maggior parte delle facoltà di giurisprudenza di oggi, alcuni corsi si focalizzano maggiormente sulle leggi che influenzano la vita quotidiana di tutte le persone, compreso il diritto penale e quello civile. Altri corsi si concentrano sui principi e concetti legali fondamentali, compresa la loro origine e l’influenza attuale. Ancora, altri corsi si concentrano sull’applicazione dei principi legali e delle abilitá connesse in situazioni specifiche di vita reale, attraverso esperienze legate al mondo del lavoro. Ancora altri corsi esaminano il diritto dal punto di vista istituzionale, cioè quella realtà che fornisce al governo i poteri d’autorità che possono generare sia ordine che abuso e si concentrano sulla relazione tra legge e potere così come fa il critical law approach. Cosicché, l’insegnamento giuridico ha il potenziale per capire come le leggi possono promuovere (e hanno promosso) l’inclusione, la coesione sociale, e il cambiamento sociale. Mi sia consentito di suggerire alcune ragioni ulteriori per cui i Disability Studies sono rilevanti per lo studio del diritto nelle nostre facoltà di giurisprudenza e nel mondo accademico dei giuristi in generale (Bryen and Shapiro 1996; Linton 1998b; Syracuse University Center on HumanPolicy 2004).
La disabilità è “noi”
La prima ragione per cui una prospettiva legata ai Disability Studies è rilevante per lo studio del diritto (e per tutte le altre discipline, se è per questo) è che la disabilità stessa direttamente o indirettamente coinvolge quasi tutti. Come notato in precedenza, la stima del numero di persone con disabilità nel mondo è più di 1 miliardo (OMS 2011). Nei soli Stati Uniti dal 15 al 20% della popolazione, approssimativamente 5,7 milioni di persone, sono considerate disabili (US Bureau of Census2010). Oltre alle persone con disabilità stesse, i loro familiari, amici, insegnanti sono a loro volta affetti dalla disabilità, cosicché probabilmente quasi metà o più della popolazione degli Stati Uniti è direttamente affetta dalla disabilità. Pertanto è fuori dubbio che le persone con disabilità siano “una minoranza troppo ampia per essere ignorata” (Davis 1997b, 4).
Inoltre, se non ora, in futuro molti più studenti, avvocati e studiosi di diritto faranno direttamente esperienza della disabilità o avranno un familiare, un compagno di classe, uno studente, un professore, un cliente, un collega o amico con una menomazione fisica o psichica. Di conseguenza si potrebbe dire che siamo tutti “temporaneamente abili” perché presto o tardi la maggior parte di noi diverrà disabile in qualche punto della nostra vita. Se questo accadrà prima o dopo dipende dalle circostanze di ciascuno. Come spiega Susan Wendel, secondo Catherime Kudlik, fattori “come la razza, la classe di appartenenza, il genere, la nazionalitá, e l’etá possono avere un impatto significativo sull’esperienza di vivere con una particolare menomazione e le sue conseguenze disabilitanti” (2003,768). Ma il fatto rimane che ognuno può diventare disabile in qualsiasi momento.
Le persone con disabilità sono anche la minoranza che cresce più velocemente nel mondo (Wendell 1996, 18). Poiché più persone vivono più a lungo godendo dei vantaggi della ricerca medica e della tecnologia, ci si può aspettare che un numero maggiore di persone acquisiscano deficit e divengano disabili in età avanzata (Fagen 2002; Kanter 2009). Nel 1980 si era stimato che negli Stati Uniti più di 370 milioni di persone avessero più di sessant’anni (Chen 1987). Oggi una persona su 10 ha 60 anni o più (Fagen 2002,331). In Italia, Germania, Giappone, più del 20% delle loro rispettive popolazioni hanno ad oggi più di 65 anni(McNicoll 2009). Entro il 2025, ci sarà 1,1 miliardi di persone anziane nel mondo (Chen 1987,175).
Non soltanto la popolazione di persone con disabilità e coloro i quali ne sono influenzati sta crescendo, ma le persone con disabilità stesse sono diventate più visibili all’interno della società. L’accresciuta visibilità è dovuta in gran parte alla differente visione della disabilità portata avanti anche con la promulgazione di leggi quali il Rehabilitation Actdel 1973, il Fair Housing Amendments Actdel 1988, lo ADA, e lo IDEA.
Si potrebbe per esempio guardare agli originari proponenti dello ADA per vedere che letteralmente ognuno di essi è una persona disabile ovvero un familiare di una persona disabile: Tony Coelho, membro del Congresso del Maryland che ha fatto da sponsor per l’adozione dello ADA utilizza una sedia rotelle; la moglie di Steny Hoyer’s ha l’epilessia; Il senatore Lowell Weicker ha un figlio con la sindrome di Down; il Senatore Bob Dole ed il senatore Bob Kerry sono veterani di guerra; il senatore Tom Harkin aveva un fratello sordo; il senatore Edward Kennedy aveva un figlio che aveva perso una gamba e una sorella con una disabilità dello sviluppo; il senatore Orrin Hatch aveva un cognato con la sindrome post-polio (Stein, 2004, 627 n201).
Inoltre, all’interno della professione legale, si può pensare che lavorino più avvocati disabili, sebbene il numero esatto sia difficile da accertare poiché solo 3 del 54 Stati americani che conferiscono l’abilitazione agli avvocati raccolgono informazioni sulla disabilità di questi (American Bar Association Commission on Mental and Physical Disability 2010)[3]. In più, un numero maggiore di studenti con disabilità sta frequentando le nostre università e facoltà di giurisprudenza (National Center on Education Statistics 2010)[4].Nelle scuole di diritto degli Stati Uniti oggi si stima che almeno il 10% degli studenti abbia una disabilità (K. Smith 1999, 2; Donald Stone 2000, 26). Questi numeri, comunque, non sono completamente accurati, poiché potrebbero non includere gli studenti con disabilità invisibili (come per esempio problemi neurologici o difficoltà di apprendimento o deficit intellettivi), e neppure includono quegli studenti che in ragione dello stigma, rifiutano di farsi annoverare nell’insieme.
Frequentare le scuole con compagni non disabili non è cosa nuova per la maggior parte degli studenti di legge. Lo IDEA ha facilitato l’acquisizione dei diplomi di scuola superiore di molti studenti con disabilità, e questi continuano gli studi frequentando l’università e le facoltà di giurisprudenza, tra gli altri campi. Dunque la maggior parte degli studenti in legge odierni hanno frequentato la scuola primaria e secondaria insieme a compagni con disabilità come risultato della introduzione dello IDEA, letteralmente milioni di studenti con disabilità – approssimativamente 6,7 milioni di bambini e giovani, o circa il 9% di tutta la popolazione di bambini e giovani tra i tre anni e i 21 – ha goduto dei servizi previsti nello IDEA (dati 2006-2007) (Centro Nazionale per la Statistica dell’Educazione 2006). La maggior parte degli studenti in legge dunque, sono arrivati ad aver a che fare nelle classi con persone con differenti tipi disabilità ed è probabile che si aspettino una tale diversità anche all’interno delle scuole di legge. Si può sperare che tanto maggiore sarà il numero di studenti con disabilità che gli altri studenti incontrino più sarà probabile che gli studenti respingano gli stereotipi e i modi tradizionali di pensare al ruolo della disabilità nella società come problema esclusivamente medico e dunque diventare più accoglienti nei confronti anche di clienti con disabilità quando alla fine praticheranno la professione legale.
Sebbene gli studenti di legge, con o senza disabilità, possano essere adusi a corsi che includano studenti con una ampia gamma di deficit, per quegli insegnanti che non sono cresciuti con persone con disabilità, insegnare a studenti con disabilità potrebbe essere una sfida non benvenuta. Ciò in ragione o della mancanza di conoscenza o dei pregiudizi individuali e delle paure. Questi docenti possono relazionarsi agli studenti con disabilità, in un modo che crea barriere alla loro accettazione in quanto studenti di legge competenti (vedi Bruder e Mogro-Wilson 2010). L’inclusione degli studenti con disabilità nelle nostre scuole di legge può dunque mettere in discussione sia il concetto di disabilità che il modo di circoscrverla (Ware 2001,108).
La disabilità è inclusiva
Oltre alla prevalenza della disabilità nella società in generale e nelle facoltà di giurisprudenza in particolare, una seconda ragione per insegnare diritto o altre discipline da una prospettiva legate ai Disability Studies è che la disabilità stessa è inclusiva. La condizione di disabilità si incrocia con tutte le condizioni di razza, origine etnica, genere, orientamento sessuale, religione, nazionalità e generazioni. E, come la razza, il genere, e la sessualità, ciò reca insegnamenti circa l’inclusione, l’esclusione e la diversità dell’esperienza umana. Nonostante il numero delle persone con disabilità nel nostro vicinato, sul posto di lavoro e nelle scuole, le idee stereotipate e le visioni negative sulle persone con disabilità rimangono. La disabilità continua “a mantenere una carica sociale negativa che è ancora sostenuta da presupposti culturali dominanti nel pensiero politico, economico e intellettuale (M. Johnson 2003,44). Come conseguenza, nei meeting degli hirig committesdel campus della facoltà di giurisprudenza la disabilità è visibilmente assente dalle discussioni sulla diversità. Molti studiosi sono progressisti su questioni di razza, genere e questioni legate all’orientamento sessuale, per esempio possono mostrare riluttanza a promuovere azioni positive basate sulla disabilità – ed ancora le persone con disabilità sono esageratamente sotto rappresentate nell’accademia, specialmente per quel che riguarda il settore delle scienze giuridiche. Come ha osservato uno studioso dei Disability Studies: “mentre la razza è diventata nei passati 10 anni una modalità più che accettabile da cui teorizzare nei corsi e negli scritti un discorso critico, […] La disabilità continua a essere relegata alle corsie di ospedale, ai piani terapeutici, e alle classi separate” (Davis 1997b, 1-2).
Inoltre, sebbene la maggior parte dei campus oggi diano valore alla diversità, la disabilità è spesso esclusa dalle conversazioni circa la diversità. Nel trainingrelativo alla diversità degli studenti, per esempio, gli studenti con disabilità hanno descritto come devono “entrare a forza” nel processo di pianificazione. Non solo la disabilità non è generalmente parte delle discussioni in tema di diversità, ma quando la disabilità viene fuori, spesso ci si concentra su un bisogno immediato – per esempio installare una rampa in un edificio o degli appigli in un bagno – e non sull’importanza di includere le persone con disabilità in quanto gruppo che incontra discriminazione ed esclusione su base giornaliera.
La disabilità nell’Ordimamento Giuridico
Una terza ragione per insegnare diritto da una prospettiva dei Disability Studies è che la disabilità può gettare luce sulla storia e i valori del nostro ordinamento (Syracuse University Center on Human Policy, Law, and Disability Studies 2004). Sebbene le persone con disabilità (ed i loro successi) siano rimasti largamente invisibili nella storia, ulteriore ricerca rivela che la disabilità, in fatto, è stata “presente nella penombra se non chiaramente su praticamente ogni pagina della storia americana” (Longmore e Umansky 2001,2 ).Le persone con disabilità, per esempio, sono state raffigurate per lungo tempo con un ruolo significativo (ma negativo) nella cultura popolare, a partire dai freak show degli anni 30 poi seguiti dal Barnum and Bailey Circus (Bogdan 1988 vii-x).
Gli storici della disabilità hanno anche rivelato che durante la grande depressione la Lega degli Handicappati Fisici ha tenuto manifestazioni di protesta per la discriminazione sul lavoro conseguente al modello medico della disabilità, che aveva cominciato a informare di sé la politica, le pratiche professionali, e l’organizzazione sociale della prima parte del 20º secolo (Longmore e Goldenberg 2000, 889-90). Inoltre, i racconti dei veterani che tornavano dalla seconda guerra mondiale e l’annientamento delle persone con disabilità nei campi di concentramento sono entrati a far parte della nostra coscienza collettiva negli anni del dopoguerra. Più di recente, racconti di soldati tornati dal Vietnam, Iraq, Afghanistan con sindrome da stress post-traumatico ci hanno anche messo in discussione come società, invitandoci a considerare il prezzo delle guerre. Una storia meno conosciuta ma potente è quella di un gruppo di obiettori di coscienza della seconda guerra mondiale i quali, dopo essersi rifiutati di prestare il servizio militare in ragione delle loro convinzioni religiose come pacifisti, sono stati mandati a lavorare in istituti di igiene mentale. Colte dall’orrore per ciò che avevano visto, queste persone hanno aiutato a rendere pubblici gli abusi e le atrocità di questi manicomi negli anni 40, il che poi ha portato alla politica di de-istituzionalizzazione e all’odierno studio accademico della disabilità (Taylor 2009).
Più di recente, le proteste da parte degli attivisti del movimento per i diritti delle persone con disabilità hanno fornito il contesto in cui il presidente George H. W. Bush ha firmato una delle leggi più vaste in materia di diritti civili, lo ADA (Switzer 2003, 68-89). Questa azione ha anche fornito il contesto adeguato per il ruolo storico delle persone con disabilità venute da tutto il mondo per scrivere la nuova Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Kanter 2007, 294).
Le questioni legate alla disabilità sono anche rilevanti nella storia della giurisprudenza americana. Numerosi casi storici coinvolgono persone con disabilità incluso il caso Buck v. Bell (1927), in cui la Corte Suprema ha confermato la costituzionalità della sterilizzazione forzata di donne con disabilità mentale; City of Cleburne v. Cleburne Living Center 1985, in cui la corte ha confermato il diritto di aprire una casa di cura in un’area residenziale, facendo assumere più ampio e nuovo respiro alla base razionale della Clausola di protezione accordata dal 14º emendamento Youngberg v Romeo (1982) e O’Conner v Donaldson (1975), in cui la corte suprema ha confermato il diritto al trattamento in quanto quid pro quo per le istituzionalizzazione; e Atkins v Virginia (2002), in cui la Corte Suprema affermò che l’esecuzione di un uomo considerato “mentalmente ritardato” costituiva una punizione crudele ed inusuale secondo l’ottavo emendamento. Questi casi sono state tre pietre miliari non solo nell’area del diritto legato alla disabilità ma anche nella storia costituzionale americana. Inoltre, il caso Terry Schiavo (Schiavo ex rel. Shindler v. Schiavo 2005) passerà sicuramente alla storia una sezione di emergenza del Congresso dopo che la Corte Suprema ha rigettato l’appello straordinario appena 18 ore prima che la sonda di alimentazione di Terri Schiavo fosse rimossa nell’ospedale della Florida.
Infatti, come ulteriore prova del ruolo della disabilità nella sfera legale, è bene notare che la Corte Suprema ha probabilmente deciso più casi in base allo ADA durante i primi 10 anni della sua vigenza rispetto quanto avvenuto per la maggior parte degli altri provvedimenti legislativi (kanter 2003). La maggior parte di questi casi affrontarono questioni di diritto fondamentali come il ruolo del Governo Federale rispetto a quello che spetta agli Stati, la natura ed il significato del Giusto Processo ai sensi del 14º emendamento, e i contorni dei diritti protetti dal Bill of Rights. Per esempio in Board of Trustees of University of Alabama v. Garrett, la Corte Suprema ha stabilito che il titolo I dello ADA era incostituzionale nella parte in cui consentiva che gli Stati fossero chiamati in giudizio da privati cittadini per il risarcimento dei danni. Nel caso Stati Uniti v. Georgia (2006), la Corte Suprema ha stabilito che il titolo II dello ADA abroga l’immunità sovrana in casi nei quali si lamenti la violazione del VIII emendamento. In Tennesee v. Lane (2004), la Corte Suprema conferma che le persone con disabilità avevano visto violato il loro diritto di accedere ai tribunali, un diritto fondamentale protetto dalla clausola sul giusto processo di cui al 14º emendamento.
Inoltre, la trilogia di decisioni del 1999 della corte suprema nella quale la corte affrontò la definizione della disabilità secondo lo ADA[5]è significativa non solo per gli studiosi di diritto della disabilità ma anche per gli studiosi dei rapporti tra Corte Suprema del Congresso. Questi tre casi hanno fatto emergere la filosofia di ragionamento giurisprudenziale di ciascun membro del collegio. In ciascuna occasione, la decisione della corte si è bastata su quei giudici che hanno adotto la interpretazione il più testuale possibile delle norme, il che ha richiesto che essi si discostassero dalle regole sulla capacitá di agire che definivano la disabilitá in modo diverso da come ha infine deciso la Corte. Queste tre sentenze, i cui risultati infine sono stati ribaltati dalla decisione del Congresso di modificare lo ADA nel 2008, sono importanti per gli studiosi interessati alla relazioni tra il Congresso e la Corte Suprema.
ln aggiunta rispetto alla giurisprudenza della Corte Suprema, altri aspetti del nostro ordinamento sono coinvolti profondamente da questioni che riguardano la disabilità di ogni genere: la legge in tema di capacità giuridica che conferisce ai tribunali il potere di decidere chi sia realmente capace di prendere decisioni riguarda la propria vita e chi no; la scusante della mancanza di sanità mentale, che coinvolge lo scrutinio a proposito del se un individuo sia colpevole oppure debba essere esonerato dalla responsabilità penale in base a ciò che gli esperti dicono alla corte circa lo stato mentale della persona; l’interesse del minore, che è lo standard usato dai tribunali per giudicare le decisioni in materia di custodia che possono risultare ablative dei diritti genitoriali in ragione della disabilità; e leggi assicurative, che offrono differenti livelli di copertura per le cure di malattie fisiche e mentali in molti Stati; e altre. In ciascuno di questi settori, la disabilità è connaturata con il significato sociale e culturale che essa ha assunto nel nostro ordinamento. Come ha osservato il noto promotore dei diritti delle persone disabili e professore di diritto Alan Macurdy:
Come avvocati, noi abbiamo a che fare ogni giorno con i modi in cui il potere legale è utilizzato contro gli individui con disabilità, così l’idea che la pre-comprensione legata alla disabilità sia connaturata alla struttura della legge è incorporata nel modo in cui noi facciamo il nostro lavoro. Vediamo come le rigide concezioni in tema di capacità siano manipolate per privare le persone con disabilità del controllo sulle loro proprietà, le sistemazioni per le proprie vite e i loro corpi. Abbiamo imparato che il nocciolo duro dei valori dell’autonomia individuale, l’eguaglianza e il giusto processo sono stati abbandonati in virtù di modelli paternalistici ed “orientati alla cura”. Non mettiamo più in discussione, sebbene ciascuno possa esprimere questo concetto in maniera diversa, che la legge proceda come se esistesse uno standard identificabile di “abilità” che descrive la maggior parte di noi, e giustifica il trattamento differente da ogni altro, e che questo standard sia in realtà un mito. (1995,443-44).
I Disability Studies dunque forniscono un mezzo con cui esplorare questioni relative ai nostri diritti e responsabilità e il ruolo generale del governo nel promuovere e proteggere il benessere di tutti i cittadini. Così come le discussioni relative al genere e alla razza hanno avuto un impatto che è andato ben oltre le donne e le persone di colore, così anche la disabilità può forzare l’Accademia giuridica a riconsiderare gli aspetti economici, sociali, politici, culturali, religiosi, legali, filosofici, artistici, morali, creativi, medici e di quasi tutto ciò che noi abbiamo “dato per acquisito” (Kudlicck 2003,5-6).
Conclusioni
l Disability Studies sono emersi all’interno dell’accademia come nuovo campo multidisciplinare. Ciò ci impone di (ri)considerare come la società escluda le persone con disabilità non in ragione delle loro limitazioni personali, ma in ragione del modo in cui la società stessa è strutturata e opera. Da questo punto di vista, non è che non vi siano differenze tra le persone che sono sorde o cieche o che hanno altre limitazioni, non si nega che ci sia sofferenza, dolore né la mancanza di supporti necessari di cui fanno esperienza molte persone disabili. Invece, i Disability Studies consentono di esplorare come mitigare o addirittura eliminare i risultati sociali delle differenze con una consapevolezza del ruolo che il potere gioca nel dar forma allo sviluppo delle leggi e dei diritti.
I Disability Legal Studies presentano per il diritto e per il suo insegnamento sia sfide che opportunità. Questa disciplina invita gli studiosi a guardare criticamente il ruolo della disabilità all’interno dell’ordinamento giuridico, del mondo accademico e della società in generale. Guardare al diritto attraverso le lenti dei Disability Studies ci spinge a esaminare la disabilità – come la razza, il genere, la classe e la sessualità – come un costrutto sociale e politico che deriva da una storia di stigmatizzazione ed esclusione. Ci invita anche considerare i modi complessi in cui il nostro sistema di leggi, governo e strutture sociali, istituzioni, cultura e abitudini contribuiscono al “disabilitamento” delle persone nella nostra società e in varie società nel mondo.
I Disability Legal Studies presentano anche delle opportunità. Come sottosezione del più ampio campo di ricerca dei Disability Studies, questi forniscono ai giuristi gli strumenti per sviluppare una critica al diritto rispetto alla disabilità ed esplorare il ruolo e le manifestazioni dell’abilismo nelle prassi sociali e nelle istituzioni che “ritraggono le persone con disabilità come inutili, marginali, abnormi, un peso per la società, e probabilmente in modo ancora più offensivo, come persone la cui vita non valga la pena di essere vissuta” (Mor, 2006, 69). Ciò ci dà anche il contesto in cui decostruire e ricostruire il significato della disabilità attraverso l’investigazione della costruzione sociale della disabilità come pure della struttura di potere che sostiene e rinforza l’abilismo.
I Disability legal Studies non cercano di mantenere lo status quo. Ciò è “un cambiamento radicale in quanto cerca di trasformare il modo ordinario di insegnare il diritto” (Mor, 2006, 64n4). I Disability Studies in campo giuridico forniscono strumenti teorici e strategie di advocacyper mettere in discussione le nostre norme culturali che hanno avuto come risultato la creazione di barriere legali, fisiche e comportamentali all’inclusione delle persone con disabilità nella società. Dunque, ne risulta che questa nuova disciplina ha il potenziale per dischiudere agli studiosi di diritto, ai nostri studenti, e all’Accademia giuridica, nuove aree di indagine scientifica oltre quelle già offerte dai Disability Studies. Essa aggiunge alle domande giá poste dei Disability Studies altri interrogativi: cosa significa essere “normale” sotto il profilo delle decisioni giuridiche? Come il diritto risponde e dovrebbe rispondere alle differenze tra di noi? Come possiamo mettere in discussione privilegi che sono permessi alle persone sane e conformi alla norma l’interno del sistema legale dell’ordinamento?
Un primo modo per rispondere a tutti questi interrogativi mi pare possa consistere nell’incrementare la visibilità delle persone con disabilità all’interno delle facoltà di giurisprudenza e all’interno della stessa Accademia. In anni recenti, sempre più studenti con disabilità chiedono di avere un posto negli studi giuridici, ma tra il corpo docente nella maggior parte delle facoltà di giurisprudenza si vedono poche persone disabili. Inoltre, quando gli studenti ed il corpo docente con disabilità sono notati oppure se ne discute in università sono spesso ritratti come minacce o vittime vulnerabili, ma non come membri di valore della comunità accademica.
La Syracuse University ha intrapreso la strada per cambiare questa situazione reclutando, accettando e mantenendo più studenti, docenti e membri dello staff con disabilità; sostenendo lo sviluppo di programmi di Disability Studies; e migliorando l’accesso e la disponibilitá di alloggi adatti con l’obiettivo di creare una comunità di inclusione per tutti. Sebbene ci sia ancora molta strada da fare, questi sforzi valgono la pena. Con questi cambiamenti, le nostre università, istituzioni legali e la società tutta, trarranno beneficio dalla partecipazione delle persone con disabilità nelle nostre classi, nei nostri corsi, nel nostro vicinato e nelle nostre vite.
[1]Traduzione di Angelo Marra: The Relationship Between Disability Studies and Law, in RIGHTING EDUCATIONAL WRONGS DISABILITY STUDIES IN LAW AND EDUCATION (Arlene S. Kanter & Beth A. Ferri, eds., 2013).
[2](queste domande sono basate su una CFPA al workshop SU teoria legale femminista E Disability Studies alla Emory University, autunno 2009. https://disabilitystudiescfp.blogspot.com/2009/10/call-for-papers-feminist-disability.html
[3]Nel testo originale l’A. riporta in nota dati statistici relativi alla raccolta dati sugli avvocati disabili. Si omette la traduzione dettagliata in quanto non funzionale alla comprensione del testo.
[4]Nel testo originale l’A. riporta in nota dati statistici relativi alla raccolta dati circa le immatricolazioni di student disabili nell’anno 2003-2004. Si omette la traduzione dettagliata in quanto non funzionale alla comprensione del testo. In ogni caso, si segnala che l’A. nota come dette immatricolazioni crescano costantemente.
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COMMENTO DI A. D. MARRA
in Norma e Normalità nei Disability Studies. Riflessioni e analisi critica per ripensare la disabilità, pp.135-140
Kanter identifica immediatamente il problema che intende affrontare: “Perché quanti tra noi insegnano e studiano diritto dovrebbero occuparsi di includere approfondimenti legati alla disabilità o, ancor meglio, una prospettiva dei Disability Studies all’interno dell’esperienza di ricerca e del curriculum di studi ordinario di una facoltà di legge?”Meglio:“Cosa può insegnare il campo emergente dei Disability Studies a noi [studiosi] e agli studenti di scienze giuridiche?”.
L’Autrice cerca di mettere a fuoco la relazione tra il diritto ed i Disability Studies e ed enuncia immediatamente una risposta: “I Disability Studies infondono negli studi giuridici la prospettiva di coloro che sono ordinariamente resi invisibili e marginalizzati, così come gli studi giuridici femministi hanno fatto in precedenza per le donne e la Critical Race Theory ha fatto per le persone di colore”. L’argomento è legato all’esperienza nazionale dell’Autrice. Volendola confrontare con la realtà italiana, deve avvertirsi che, in quest’ultima, lemmi come “studi giuridici femministi” o “teoria critica sulla razza” hanno poco senso. il femminismo è una realtà, s’intende ovviamente in termini generali, estranea alle facoltà di giurisprudenza, per non parlare di riflessioni a proposito delle minoranze etniche. Tuttavia, l’argomento che i Disability Studies diano voce alle prospettive delle persone con disabilità, altrimenti “invisibili” e trascurate non è di poco momento soprattutto ove si consideri che lo stesso è stato utilizzato per motivare l’adozione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006( Lawson 2007; Marra 2009).
Kanter afferma che la relazione dei Disability Studies e diritto e poco indagata; “Solo recentemente gli studiosi di diritto hanno iniziato ad esplorare la interazione tra il diritto e i Disability Studies. Questo nuovo campo, che io definisco “Disability Legal Studies“, si riferisce ad uno studio che cerca di applicare una prospettiva dei Disability Studies al diritto (Mor 2006). ” Tale intreccio deve essere senza dubbio meglio chiarito ed infatti va detto che , almeno in Italia, le riflessioni – proprio in questa specifica prospettiva, non mancano ( Amagliani 2011 , Cosco 2013, Fogetti 2009, Fogetti 2012, Marra 2009, Marra 2010 Marra 2012, Occasione 2014, Saccà 2009). Il tema è affrontato direttamente nel volume “diritto e Disability Studies” (Marra A.D. 2009) che si proponeva proprio di iniziare ad indagare i rapporti tra i due ambiti di ricerca. La riflessione è proseguita ancora nell’articoloDisabilità e diritto: qual è l’utilità dei Disability Studies per la ricerca giuridica?(Marra 2010) nonché con l’intervento sullo stesso tema alla post-graduate Conferencealla University of Leeds del 2010. L’approccio dei Disability Studies, e segnatamente quello del modello sociale della disabilità, è utile in quanto – poiché spinge i commentatori e gli studiosi a concentrarsi sulle barriere strutturali che rendono le persone disabili – consente di smascherare gli “assunti impliciti” istituzionali che pongono le persone con disabilità in una ingiustificata situazione di svantaggio che non è né necessitata né in re ipsa. Mi riferisco a quelle scelte che, trasfuse sul piano normativo, disegnano una società nella quale l’avere (o il non avere) un certo deficit determina un particolare status per la persona che finisce per ingabbiarla in un assetto legale (essenzialmente burocratico) creando ostacoli anche là dove vorrebbe rimuoverli. Per dirla con Kanter ” il diritto [nel senso oggettivo del termine] può essere sia la fonte del problema che la soluzione”.
Inoltre, le riflessioni incontrate nel saggio fanno tornare alla mente quanto già evidenziato in alcuni scritti di autori italiani già menzionati: il diritto, come esperienza umana, ha un limite: “funziona” discriminando le situazioni e, quindi, l’attività di “etichettatura” (labeling in inglese) è connaturata con l’esperienza stessa del diritto ed è a questo funzionale. Definire i fenomeni, e quindi etichettarli, serve a poterli “gestire giuridicamente” attraverso ciò che chiamiamo “attività normativa”. Perciò, definire le cose è ciò che consente al diritto di funzionare come tale.
Per esempio, definire cosa sia il contratto significa poter dettare delle regole a proposito del contratto ed applicarle alla realtà identificata (o se si preferisce etichettata) come tale. Significa anche, però, che a tutto ciò che è simile al contratto, ma non corrisponde alla definizione data, non si applicano le regole dettate a proposito del contratto.
Questa caratteristica propria dell’esperienza giuridica è tanto più rilevante nel caso della disabilità perché dietro questa etichetta stanno delle persone in carne ed ossa. Questo dilemma del giurista è ben evidenziato, anche se con parole diverse in una prospettiva non sempre sovrapponibile a quella dell’esperienza giuridica italiana da Kanter. Il testo tuttavia sembra maggiormente orientato a considerazioni di natura sociologico-giuridica e questo offre la possibilità di notare che, nella nostra esperienza accademica, i socio-legal studies sono poco diffusi.
d’altra parte, non v’è chi non veda che il lavoro di Kanter, nel tentare di “fondare” i Disability Legal Studies (cui giunge persino a dare il nome), resta essenzialmente legato all’esperienza giuridica americana. Tuttavia, fa piacere notare come – pur nella differenza dei due ordinamenti – gran parte delle conclusioni o degli appunti che si leggono in questo saggio non sono sfuggiti alle ricerche nazionali.
I Disability Studies consentono di comprendere meglio il fatto “disabilità” e dunque rendono possibile una migliore applicazione delle leggi esistenti o una riscrittura delle stesse in base a nuove acquisizioni. In altri termini, le norme giuridiche possono essere l’indice di penetrazione nella società dei concetti elaborati grazie ai Disability Studies.
Ancora, spostare l’attenzione dal problema individuale alla presenza di barriere all’inclusione e alle pari opportunità, come suggerito dal Modello Sociale della disabilità, consente di apportare elementi innovativi all’interno degli ordinamenti, come è avvenuto in Italia con l’amministrazione di sostegno (legge 6 gennaio 2004) e, nell’ordinamento internazionale, con la Convenzione di New York del 2006.
Il diritto costituisce allora sia il quadro di riferimento entro cui muoversi che lo strumento attraverso cui verificare l’effettiva penetrazione nella vita di tutti i giorni di nuovi concetti a proposito della disabilità elaborati grazie ai Disability Studies. D’altra parte: “un cambiamento è già iniziato: si passa dall’analisi tradizionale di tipo dottrinale che adottava il punto di vista per cui la discriminazione sulla base della disabilità è proibita ad una comprensione più complessa delle persone con disabilità come gruppo di minoranza e una crescente attenzione alla disabilità come costrutto sociale (Crossley 2004; Diller 2000; Drimmer 1993; Kanter 2007; Mor 2006).”
Kanter si chiede per quali ragioni sia opportuno coltivare l’intreccio tra Disability Studies e diritto. Alcune delle risposte che dà meritano di essere richiamate: “La prima ragione per cui una prospettiva legata ai Disability Studies è rilevante per lo studio del diritto (e per tutte le altre discipline, se è per questo) è che la disabilità stessa direttamente o indirettamente coinvolge quasi tutti.” in sostanza, la condizione di disabilità è tutt’altro che rara. La disabilità riguarda tutti (Marra 2007). Insomma, conclude in modo incisivo Kanter, “è fuori dubbio che le persone con disabilità siano “una minoranza troppo ampia per essere ignorata” (Davis 1997b, 4).” Ecco un punto importante. Qui è utile la citazione diretta, “si potrebbe dire che siamo tutti “temporaneamente abili” perché presto o tardi la maggior parte di noi diverrà disabile in qualche punto della nostra vita. Se questo accadrà prima o dopo dipende dalle circostanze di ciascuno” A ben leggere la realtà dei fatti, le persone con disabilità sono la minoranza che cresce più velocemente nel mondo.
Inoltre, e questo non è di poco conto, oggi le persone con disabilità sono più visibili che nel passato. Tuttavia, per quegli insegnanti che non sono cresciuti con persone con disabilità, insegnare a studenti con disabilità potrebbe essere una sfida non benvenuta. Ciò in ragione o della mancanza di conoscenza o dei pregiudizi individuali e delle paure. Questi docenti possono relazionarsi agli studenti con disabilità, in un modo che crea barriere alla loro accettazione in quanto studenti di legge competenti (vedi Bruder e Mogro-Wilson 2010). Il vedere le persone con disabilità che ordinariamente si muovono ed interagiscono con la società che le circonda fa diminuire pregiudizi anche se :“La disabilità continua “a mantenere una carica sociale negativa che è ancora sostenuta da presupposti culturali dominanti” e “[…] La disabilità continua a essere relegata alle corsie di ospedale, ai piani terapeutici, e alle classi separate” (Davis 1997b, 1-2).
Inoltre, Kanter nota che sebbene la maggior parte dei campus oggi diano valore alla diversità, la disabilità è spesso esclusa dalle conversazioni circa la diversità. Nel saggio si evidenzia come gli studenti con disabilità abbiano rilevato che devono “entrare a forza” nel processo di pianificazione.
Si sottolinea che generalmente la condizione di disabilità non entra a far parte delle discussioni in tema di diversità.
Di più: quando la disabilità viene fuori, spesso ci si concentra su un bisogno immediato – per esempio installare una rampa in un edificio o degli appigli in un bagno – e non sull’importanza di includere le persone con disabilità in quanto gruppo che incontra discriminazione.
Inoltre, Kanter porta a riflettere sulla circostanza che la disabilità, anche quando non sia stata tematizzata, entra comunque in contatto con l’ordinamento ed in qualche modo lo modifica. Agli esempi del saggio, che riguardano la realtà americana, uno studioso italiano naturalmente , giustapporrebbe in parallelo l’esperienza di Basaglia che ha portato la legge 180 ed alla chiusura dei manicomi, l’istituto dell’Amministrazione di Sostegno che dovrebbe evitare lo stigma che ha accompagnato l’interdizione; Ai casi giurisprudenziali della Corte Suprema riferiti da Kanter, la riflessione del giurista italiano avvicina quelli di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby. Si evidenzia come la disabilità sia in grado di fare emergere le tensioni di qualsiasi sistema giuridico.
Tornano utili le parole di Alan Macurdy:“Come avvocati, noi abbiamo a che fare ogni giorno con i modi in cui il potere legale è utilizzato contro gli individui con disabilità, così l’idea che la pre-comprensione legata alla disabilità sia connaturata alla struttura della legge è incorporata nel modo in cui noi facciamo il nostro lavoro. Vediamo come le rigide concezioni in tema di capacità siano manipolate per privare le persone con disabilità del controllo sulle loro proprietà, le sistemazioni per le proprie vite e i loro corpi. Abbiamo imparato che il nocciolo duro dei valori dell’autonomia individuale, l’eguaglianza e il giusto processo sono stati abbandonati in virtù di modelli paternalistici ed “orientati alla cura”. Non mettiamo più in discussione, sebbene ciascuno possa esprimere questo concetto in maniera diversa, che la legge proceda come se esistesse uno standard identificabile di “abilità” che descrive la maggior parte di noi, e giustifica il trattamento differente da ogni altro, e che questo standard sia in realtà un mito”.
Un esempio di questo fenomeno è fornito dalle norme sull’interdizione, l’utilizzo spesso strumentale della infermità di mente nel processo penale ed altre in cui una pre-comprensione di ciò che è la “salute mentale” determina una rigida reazione dell’ordinamento che è insieme automatica e spersonalizzante: vede la persona come il suo deficit e assegna a tutti i deficit della stessa categoria il medesimo esito.
Kanter annota che i Disability Studies forniscono allo studioso di diritto “il contesto in cui de-costruire e ricostruire il significato della disabilità attraverso l’investigazione della costruzione sociale della disabilità come pure della struttura di potere che sostiene e rinforza l’abilismo”.
Pare opportuno chiudere questo commento con queste parole: “In anni recenti, sempre più studenti con disabilità chiedono di avere un posto negli studi giuridici, ma tra il corpo docente nella maggior parte delle facoltà di giurisprudenza si vedono poche persone disabili. Inoltre, quando gli studenti ed il corpo docente con disabilità sono notati oppure [quando] se ne discute in università [essi] sono spesso ritratti come minacce o vittime vulnerabili, ma non come membri di valore della comunità accademica”. Questa riflessione non pare di dover essere limitata agli USA. La soluzione sta nell’aumentare il grado di inclusione e partecipazione delle persone disabili “reclutando, accettando e mantenendo più studenti, docenti e membri dello staff con disabilità; sostenendo lo sviluppo di programmi di Disability Studies; e migliorando l’accesso e la disponibilità di alloggi adatti”. Un problema ancora non risolto è che, anche nella realtà che forniscono alloggi a adeguati gli studenti, ai ricercatori e membri dello staff non sono garantiti alloggi accessibili. Inoltre, ancora troppo spesso, là dove manca la consuetudine con la disabilità, la persona disabile e percepita come un problema o un trouble-maker. Ciò è in contrasto, con l’obiettivo di creare una comunità di inclusione per tutti.
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